martedì 20 aprile 2010

ATROLOGIA E FLORITERAPIA



ASSOCIAZIONE “CULTURA E OLTRE” LECCE


ORGANIZZA IN “ITINERARIO ROSA”


“L’EQUILIBRIO NEL COSMO ATTRAVERSO LA DONNA”



Presso Convento dei Teatini

Corso Vittorio Emanuele – Lecce

Sala Conferenze I° Piano

Dalle 18.00 alle 20.00


RELATRICI:


Loredana Ragosta, Presidente Associazione – Astrologa

Rosanna Toraldo, Naturopata – Master Teacher Reiki

Info: 329.35.31.703

sabato 10 aprile 2010

astronomia

Coordinate eclittiche Come le coordinate altazimutali e le coordinate equatoriali, le coordinate eclittiche sono un sistema di riferimento sferico ortogonale, nel quale cioè le due serie di cerchi assunti per fissare la posizione di un punto sulla sfera celeste s'intersecano a angoli retti.
Poiché il sistema è costruito in base a riferimenti celesti, le coordinate eclittiche sono in prima approssimazione solidali con le stelle fisse. Ciò significa che i due angoli usati per individuare un astro: la longitudine (eclittica) e la latitudine (eclittica) sono gli stessi per qualunque osservatore terrestre.
Fra i tre sistemi, le coordinate eclittiche sono quelle il cui uso risulta più a lungo documentato per ragioni di comodità. Come nota Claudio Tolomeo (II secolo d.C.) nell'Almagesto, la precessione equinoziale fa ruotare molto lentamente la sfera celeste attorno ai poli eclittici. Per questo motivo le coordinate eclittiche di un astro misurate in un tempo anche assai remoto possono essere facilmente aggiornate lasciando inalterata la latitudine e sommando alla longitudine una quantità pari alla precessione accumulata. Nessuno degli altri due sistemi permette una trasformazione altrettanto elementare. Eclittica
Il principale cerchio massimo di riferimento delle coordinate eclittiche, e che dà loro il nome, è l'eclittica. Corrisponde al percorso annuo del Sole attraverso lo Zodiaco ed è inclinato rispetto all'equatore celeste di un angolo, detto obliquità, oggi pari a 23°27'. Inoltre l'eclittica interseca l'equatore celeste nei due punti, diametralmente opposti, degli equinozi.
"Eclittica" significa semplicemente "(cerchio) obliquo" (in greco ekklitiké, da klinein = piegare), ciò che spiega come mai le coordinate eclittiche fossero anticamente note come il "sistema della sfera obliqua". Qualcuno ha però azzardato una derivazione da eclissi (greco ekleiptikós = relativo alle eclissi), dato che questi fenomeni possono verificarsi soltanto quando la Luna, il cui percorso è inclinato di circa 5° rispetto all'eclittica, attraversa quest'ultima in corrispondenza della posizione del Sole (congiunzione) o di quella a esso diametralmente opposta (opposizione).
Dopo il passaggio dall'astronomia geocentrica all'astronomia eliocentrica, si chiama eclittica anche il piano dell'orbita terrestre.

Poli eclittici
Il principale asse di riferimento usato nelle coordinate eclittiche è la retta passante per l'osservatore e perpendicolare al piano dell'eclittica. Esso interseca la sfera celeste in due punti: il polo nord eclittico e il polo sud eclittico.

Equinozi
Si chiamano equinozi i due punti diametralmente opposti in cui l'eclittica interseca il cerchio massimo dell'equatore celeste. Il loro nome (dal latino equam noctem = notte uguale) indica che quando il Sole vi si trova la durata del giorno è uguale alla durata della notte. Ciò accade il 21 marzo, quando il Sole, passando dall'emisfero australe a quello boreale della sfera celeste, appare nell'equinozio primaverile, e il 22 o il 23 settembre, quando il Sole, tornando nell'emisfero australe, appare nell'equinozio autunnale.
L'equinozio primaverile è detto anche punto vernale (dal latino vernum = primaverile) e oggigiorno, in gergo, punto gamma. Se infatti si divide l'eclittica in dodici segni zodiacali di 30° ciascuno, l'equinozio primaverile cade tradizionalmente all'inizio dell'Ariete, il cui simbolo astrologico somiglia alla lettera greca "gamma".

Longitudine (eclittica)
La prima delle due coordinate eclittiche prende il nome di longitudine (eclittica). È l'angolo, compreso fra 0° e 360°, computato da ovest verso est a partire dall'equinozio primaverile fino all'intersezione fra il meridiano eclittico dell'astro e l'eclittica.
Occorre notare che dall'antichità fino all'evo moderno si soleva dividere l'eclittica, a partire dall'equinozio primaverile, in dodici parti di 30° corrispondenti ai singoli segni zodiacali: Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, ecc. Per esempio, una longitudine di 75° (= 30° + 30° + 15°) veniva indicata come 15° nei Gemelli, una longitudine di 117° (= 30° + 30° + 30° + 27°) come 27° nel Cancro, e via dicendo. Questa suddivisione, che prescinde dal progressivo sfasamento fra i settori dell'eclittica e le costellazioni zodiacali dovuto al fenomeno della precessione equinoziale, è ancor oggi usata dagli astrologi.

Latitudine (eclittica)
La seconda delle due coordinate eclittiche prende il nome di latitudine (eclittica). È l'angolo, misurato lungo il meridiano eclittico dell'astro, che separa l'eclittica dall'astro stesso. La latitudine è compresa fra 0° e 90° e i valori minimo e massimo sono toccati rispettivamente sull'eclittica e sul polo eclittico. In più la latitudine è positiva o negativa (nord o sud) a seconda che l'astro si trovi a settentrione o a meridione dell'eclittica.



mercoledì 24 marzo 2010

canalizzazione di Cristina Cataldi


Non posso parlarti di ciò che non sai, quel che verrà è scritto nei tempi.
Accogli sorella l’amore del cuore, così troverai la pace interiore, con gli occhi tu vedi le vani promesse col cuore tu senti le cose represse.
E’ questa la via che porta al perdono per chi non ha niente ma solo il dolore di avere vicino le reti del cuore, che cambiano spesso di toni e colore.
Non stuzzicarti con vani promesse, che come sai non manterrai vedi soltanto di avere vicino tutto l’amore.
A chi puoi donare perdona col cuore e non fallirai la tua missione che sgorga dal cuore.
Porta perdono a chi si condanna porta la pace a chi sa donare, allieta quei cuori che cercano oblio aiuta a capire chi perde la strada.
Dì che il perdono è fonte d’amore per chi sa dare senza premesse.
Non vedi, non senti, quando ti parlo, mi invochi col cuore cara piccina ti porto in dono solo speranza, affinché tu possa vedere la luce quella che allieta chi riesce a capire che la vita è bella e non deve finire come un qualcosa portato dal vento e che si perde in un momento.
Gioia e dolore si alternano sempre come un mantice di vera beltà, ascolta con il cuore e non ti fermare percorri la strada e non farti male.
Cosa tu cerchi se tu hai già tanto?
Prati fioriti per ogni canto.
Un cuore votato a chi ha più bisogno è un sogno divino che asciuga il tuo pianto.
Colori maestosi che portano luce a chi con il cuore porta la pace.

sabato 27 febbraio 2010

Astronomia e astrologia
La divinazione per mezzo degli astri. L’utilizzazione delle conoscenze astronomiche a scopo divinatorio ebbe la sua origine nella civiltà mesopotamica, ove si trovano le prime testimonianze di osservazione dei corpi celesti e dei loro movimenti, e conobbe una forte diffusione nel contesto del sincretismo ellenistico: al I sec. a.C. risalgono i più antichi testi astrologici del corpus hermeticum, mentre durante l’epoca dell’imperatore Tiberio venne composto il poema Astronomica di Manilio, pervaso di tematiche stoiche. Era stato infatti nel contesto dello stoicismo, soprattutto ad opera di Posidonio, che le dottrine astrologiche erano state connesse a tematiche propriamente filosofiche; ed è in primo luogo a partire dagli elementi rintracciabili in opere di autori latini appartenenti alla tradizione stoica (Seneca, Naturales quaestiones) o che ne avevano riportato le dottrine (Cicerone, De natura deorum, De divinatione, De fato) che gli autori dell’Alto Medioevo ne ebbero notizia. L’opera astrologica più importante dell’antichità, il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo (II sec. d.C.), scritta in greco, venne conosciuta solo nel XII sec., quando fu tradotta dall’arabo insieme all’Almagesto dello stesso autore; a Tolomeo si era ispirato Firmico Materno (IV sec. d.C.) nella sua esposizione tecnica dell’astrologia, Matheseos libri VIII.
Scienza duplice. Due erano i termini indicanti i due aspetti della dottrina degli astri, quello descrittivo e quello divinatorio (astronomia e astrologia), distinti con chiarezza ma altrettanto esplicitamente connessi e orientati alla divinazione nel Tetrabiblos . Nella loro spiegazione, che apre il terzo libro delle Etymologiae, Isidoro di Siviglia dovette però tenere conto di un fattore nuovo: la condanna delle diverse forme di divinazione risalenti al paganesimo da parte della Chiesa, per cui egli si trovò a dover distinguere fra un’astrologia naturale e unpastrologia superstiziosa; mentre l’astronomia descrittiva, che faceva parte delle arti liberali, era indiscussa e per tutto il Medioevo formò parte del bagaglio culturale comune. La distinzione isidoriana, che dava notizia della componente divinatoria del sapere sugli astri anche se la valutava negativamente, definendola superstitio (eccesso, frivolezza), rimase centrale per molti secoli. Fino al XII sec. l’astrologia condivise con altre pratiche divinatorie antiche il carattere residuale e la diffusione negli strati sociali più bassi, venendo identificata con gli aspetti più semplici della complessa mathesis (calcolo) con cui si cercava di definire l’influsso degli astri, in particolare della luna, sulla terra e sugli uomini.
Un sapere orientale. Sorte diversa l’astrologia aveva avuto a Bisanzio, dove era sopravvissuta la trattatistica greca e dove, nonostante l’assenza di sviluppi dottrinali, fu sostenuta da personaggi rilevanti, come Manuele Comneno. Ma fu soprattutto nella civiltà islamica che, anche per l’influenza di fonti orientali, la dottrina delle influenze astrali conobbe un consistente sviluppo già a partire dal circolo di al-Kindi. Abu-Ma‘shar (Albumasar per i Latini) scrisse nel III sec. dell’Egira (IX sec. d.C.) un’opera sistematica che venne conosciuta col titolo di Grande Introduzione all’Astronomia ed ebbe nel XII sec. due distinte traduzioni latine (Liber maioris introductorii ad scientiam judiciorum astrorum secondo Giovanni di Siviglia, Introductorium Maius in Astronomiam secondo Ermanno di Carinzia). Fra le altre opere di Abu Ma‘shar, vennero tradotte una introduzione abbreviata (Ysagoge minor) e trattati sui singoli aspetti tecnici dell’astrologia (come il De revolutionibus nativitatum), che nell’opera maggiore erano stati esposti in un contesto filosofico essenzialmente aristotelico. Abu Ma‘shar e la maggior parte degli astronomi arabi mantennero strettamente connessi l’aspetto astronomico o descrittivo e quello astrologico o divinatorio e, come già Tolomeo, considerarono quest’ultimo nella sua relazione con la filosofia, ovvero con la cosmologia aristotelica. La dottrina della dipendenza di tutti i moti dal Primo Motore attribuiva infatti alle sfere celesti un ruolo di mediazione che poté, nell’interpretazione astrologica, essere assunto a fondamento della teoria dell’influenza degli astri sul mondo sublunare; l’accostamento delle dottrine fisiche di Aristotele alle dottrine astronomiche e astrologiche di Tolomeo rese possibile attribuire all’astrologia una base scientifica e integrarla nel sistema scolastico delle scienze.
I giudizi degli astri. Fra XII e XIII secolo si passa dai primi cenni di accettazione dell’astrologia nelle opere di autori come Guglielmo di Conches o Bernardo Silvestre alla discussione estesa e corredata da una ricca documentazione bibliografica dello Speculum Astronomiae [testo]. “Sotto il nome di astronomia sono comprese due grandi sapienze”, afferma l’autore dello Speculum, che una lunga tradizione ha identificato con Alberto Magno e che comunque è sicuramente uno scolastico dotato di ampia cultura scientifica e teologica e di notevole audacia intellettuale. Di esse la prima, astronomia tout-court, designa la parte descrittiva, di cui viene fornita un’ampia serie di riferimenti bibliografici che includono le opere di Tolomeo e i maggiori contributi arabi (al-Battani, al-Bitruji, al-Kwarizmi). “La seconda grande sapienza che è denominata ugualmente astronomia è la scienza dei giudizi degli astri, che costituisce il raccordo fra la filosofia naturale e la metafisica”: dal terzo capitolo alla fine la scientia iudiciorum astrorum viene delineata nella sua tradizione, che comprende i testi della tradizione ermetica, e nelle sue partizioni: la prima parte, introduttiva, concerne i principi; la seconda si divide a sua volta in quattro parti: rivoluzioni (congiunzioni dei pianeti e loro effetti sul mondo), oroscopi (configurazione del cielo alla nascita di un individuo, che permette di definirne le caratteristiche e il destino), interrogazioni (divinazione sulla base degli aspetti reciproci dei corpi celesti), elezioni (scelta, sempre sulla base degli aspetti astrali, del momento favorevole per intraprendere azioni rilevanti, sul piano sia individuale che collettivo).
Determinismo e libertà. Sul piano filosofico, lo Speculum Astronomiae introduce nel mondo latino la grande lezione dell’alchimia islamica; la validazione epistemologica dell’astrologia pone tuttavia un problema fondamentale di ordine filosofico e teologico insieme: come salvaguardare la libertà dell’uomo all’interno di un sistema cosmico ove ogni evento del mondo sublunare è determinato dai movimenti degli astri. Tommaso d’Aquino risolverà il problema asserendo che gli astri hanno influenza solo sul corpo dell’uomo, e possono dunque sì inclinarlo a compiere determinate azioni, ma non costringerlo ad esse. L’autore dello Speculum sceglie invece di rimanere più aderente alle concezioni astrologiche arabe, e attraverso un ragionamento molto articolato distingue in primo luogo fra i vari settori dell’astrologia. Alcuni aspetti di essa, infatti, anziché limitare la libertà umana la perfezionano, dando attraverso il cielo segni che aiutano a compiere scelte sagge, a prevenire difficoltà che si conoscono in anticipo, ad agire in armonia con la natura. Ma nell’ambito delle interrogazioni rimane uno ‘zoccolo duro’ di determinismo, perché nelle interrogazioni sugli eventi futuri si pone una grave questione: se ciò che gli astri prevedono è destinato ad accadere, quali sono i margini di libertà che rimangono all’uomo? Di fronte all’impossibilità di risolvere definitivamente questa difficoltà, l’autore indica una soluzione estremamente audace dal punto di vista teologico, proponendo di leggere le configurazioni astrali come segni del piano provvidenziale di Dio: “forse, se uno la guarda più da vicino, questa problematica è la stessa o almeno di genere simile a quella che riguarda la divina provvidenza; infatti nelle cose che il Signore opera mediante il cielo, il significato del cielo non è altro che la divina provvidenza.” E dunque il problema viene riportato a quello, non certo più facile ma sicuramente più ortodosso, del rapporto fra libertà umana e provvidenza divina.
Una scienza in discussione. Questa soluzione non venne accolta dagli ambienti teologici più conservatori: proposizioni astrologiche vennero incluse nella condanna del 1277 e posizioni polemiche contro i sostenitori dell’astrologia continuarono ad essere elaborate fino alla fine del Medioevo: Nicola Oresme elaborò un’articolata confutazione dell’astrologia nel suo Contra judiciarios astronomos (Contro gli astrologi); contro la fede negli astri si scagliò anche Thomas Bradwardine, e ancora alla fine del Medioevo il dibattito era estremamente acceso. Ciò non impedì tuttavia il fiorire di una tradizione di astrologi colti, da Michele Scoto agli inizi del Duecento, astrologo alla corte di Federico II e autore di un Liber Introductorius, a Cecco d’Ascoli (1269-1327), che espose l’astrologia in italiano ne L’Acerba, e Pietro d’Abano (1257-1315), che ne esaminò gli aspetti più tecnici nell’Elucidator dubitabilium astronomiae e ne analizzò il rapporto con la medicina nel Conciliator. Come gli altri saperi operativi (medicina, alchimia, magia), l’astrologia aveva avuto successo negli ambienti di corte ma, a differenza dell’alchimia e della magia, ottenne (come la medicina anche se ad oltre un secolo di distanza) di essere insegnata nelle università dalla metà del Trecento; e nel 1414 il cardinale Pietro d’Ailly offrì una complessa analisi dei problemi sollevati dall’astrologia nel quadro della teologia scolastica (Vigintiloquium de concordantia astronomicae veritatis cum theologia). Ben diversa nella sua impostazione di fondo, ma in molti tratti debitrice di questi dibattiti, sarebbe stata, ormai in età umanistica, la discussione di Giovanni Pico della Mirandola nelle sue Disputationes adversus astrologiam divinatricem (1484). (MP)


Astronomia e astrologia
La divinazione per mezzo degli astri. L’utilizzazione delle conoscenze astronomiche a scopo divinatorio ebbe la sua origine nella civiltà mesopotamica, ove si trovano le prime testimonianze di osservazione dei corpi celesti e dei loro movimenti, e conobbe una forte diffusione nel contesto del sincretismo ellenistico: al I sec. a.C. risalgono i più antichi testi astrologici del corpus hermeticum, mentre durante l’epoca dell’imperatore Tiberio venne composto il poema Astronomica di Manilio, pervaso di tematiche stoiche. Era stato infatti nel contesto dello stoicismo, soprattutto ad opera di Posidonio, che le dottrine astrologiche erano state connesse a tematiche propriamente filosofiche; ed è in primo luogo a partire dagli elementi rintracciabili in opere di autori latini appartenenti alla tradizione stoica (Seneca, Naturales quaestiones) o che ne avevano riportato le dottrine (Cicerone, De natura deorum, De divinatione, De fato) che gli autori dell’Alto Medioevo ne ebbero notizia. L’opera astrologica più importante dell’antichità, il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo (II sec. d.C.), scritta in greco, venne conosciuta solo nel XII sec., quando fu tradotta dall’arabo insieme all’Almagesto dello stesso autore; a Tolomeo si era ispirato Firmico Materno (IV sec. d.C.) nella sua esposizione tecnica dell’astrologia, Matheseos libri VIII.
Scienza duplice. Due erano i termini indicanti i due aspetti della dottrina degli astri, quello descrittivo e quello divinatorio (astronomia e astrologia), distinti con chiarezza ma altrettanto esplicitamente connessi e orientati alla divinazione nel Tetrabiblos . Nella loro spiegazione, che apre il terzo libro delle Etymologiae, Isidoro di Siviglia dovette però tenere conto di un fattore nuovo: la condanna delle diverse forme di divinazione risalenti al paganesimo da parte della Chiesa, per cui egli si trovò a dover distinguere fra un’astrologia naturale e unpastrologia superstiziosa; mentre l’astronomia descrittiva, che faceva parte delle arti liberali, era indiscussa e per tutto il Medioevo formò parte del bagaglio culturale comune. La distinzione isidoriana, che dava notizia della componente divinatoria del sapere sugli astri anche se la valutava negativamente, definendola superstitio (eccesso, frivolezza), rimase centrale per molti secoli. Fino al XII sec. l’astrologia condivise con altre pratiche divinatorie antiche il carattere residuale e la diffusione negli strati sociali più bassi, venendo identificata con gli aspetti più semplici della complessa mathesis (calcolo) con cui si cercava di definire l’influsso degli astri, in particolare della luna, sulla terra e sugli uomini.
Un sapere orientale. Sorte diversa l’astrologia aveva avuto a Bisanzio, dove era sopravvissuta la trattatistica greca e dove, nonostante l’assenza di sviluppi dottrinali, fu sostenuta da personaggi rilevanti, come Manuele Comneno. Ma fu soprattutto nella civiltà islamica che, anche per l’influenza di fonti orientali, la dottrina delle influenze astrali conobbe un consistente sviluppo già a partire dal circolo di al-Kindi. Abu-Ma‘shar (Albumasar per i Latini) scrisse nel III sec. dell’Egira (IX sec. d.C.) un’opera sistematica che venne conosciuta col titolo di Grande Introduzione all’Astronomia ed ebbe nel XII sec. due distinte traduzioni latine (Liber maioris introductorii ad scientiam judiciorum astrorum secondo Giovanni di Siviglia, Introductorium Maius in Astronomiam secondo Ermanno di Carinzia). Fra le altre opere di Abu Ma‘shar, vennero tradotte una introduzione abbreviata (Ysagoge minor) e trattati sui singoli aspetti tecnici dell’astrologia (come il De revolutionibus nativitatum), che nell’opera maggiore erano stati esposti in un contesto filosofico essenzialmente aristotelico. Abu Ma‘shar e la maggior parte degli astronomi arabi mantennero strettamente connessi l’aspetto astronomico o descrittivo e quello astrologico o divinatorio e, come già Tolomeo, considerarono quest’ultimo nella sua relazione con la filosofia, ovvero con la cosmologia aristotelica. La dottrina della dipendenza di tutti i moti dal Primo Motore attribuiva infatti alle sfere celesti un ruolo di mediazione che poté, nell’interpretazione astrologica, essere assunto a fondamento della teoria dell’influenza degli astri sul mondo sublunare; l’accostamento delle dottrine fisiche di Aristotele alle dottrine astronomiche e astrologiche di Tolomeo rese possibile attribuire all’astrologia una base scientifica e integrarla nel sistema scolastico delle scienze.
I giudizi degli astri. Fra XII e XIII secolo si passa dai primi cenni di accettazione dell’astrologia nelle opere di autori come Guglielmo di Conches o Bernardo Silvestre alla discussione estesa e corredata da una ricca documentazione bibliografica dello Speculum Astronomiae [testo]. “Sotto il nome di astronomia sono comprese due grandi sapienze”, afferma l’autore dello Speculum, che una lunga tradizione ha identificato con Alberto Magno e che comunque è sicuramente uno scolastico dotato di ampia cultura scientifica e teologica e di notevole audacia intellettuale. Di esse la prima, astronomia tout-court, designa la parte descrittiva, di cui viene fornita un’ampia serie di riferimenti bibliografici che includono le opere di Tolomeo e i maggiori contributi arabi (al-Battani, al-Bitruji, al-Kwarizmi). “La seconda grande sapienza che è denominata ugualmente astronomia è la scienza dei giudizi degli astri, che costituisce il raccordo fra la filosofia naturale e la metafisica”: dal terzo capitolo alla fine la scientia iudiciorum astrorum viene delineata nella sua tradizione, che comprende i testi della tradizione ermetica, e nelle sue partizioni: la prima parte, introduttiva, concerne i principi; la seconda si divide a sua volta in quattro parti: rivoluzioni (congiunzioni dei pianeti e loro effetti sul mondo), oroscopi (configurazione del cielo alla nascita di un individuo, che permette di definirne le caratteristiche e il destino), interrogazioni (divinazione sulla base degli aspetti reciproci dei corpi celesti), elezioni (scelta, sempre sulla base degli aspetti astrali, del momento favorevole per intraprendere azioni rilevanti, sul piano sia individuale che collettivo).
Determinismo e libertà. Sul piano filosofico, lo Speculum Astronomiae introduce nel mondo latino la grande lezione dell’alchimia islamica; la validazione epistemologica dell’astrologia pone tuttavia un problema fondamentale di ordine filosofico e teologico insieme: come salvaguardare la libertà dell’uomo all’interno di un sistema cosmico ove ogni evento del mondo sublunare è determinato dai movimenti degli astri. Tommaso d’Aquino risolverà il problema asserendo che gli astri hanno influenza solo sul corpo dell’uomo, e possono dunque sì inclinarlo a compiere determinate azioni, ma non costringerlo ad esse. L’autore dello Speculum sceglie invece di rimanere più aderente alle concezioni astrologiche arabe, e attraverso un ragionamento molto articolato distingue in primo luogo fra i vari settori dell’astrologia. Alcuni aspetti di essa, infatti, anziché limitare la libertà umana la perfezionano, dando attraverso il cielo segni che aiutano a compiere scelte sagge, a prevenire difficoltà che si conoscono in anticipo, ad agire in armonia con la natura. Ma nell’ambito delle interrogazioni rimane uno ‘zoccolo duro’ di determinismo, perché nelle interrogazioni sugli eventi futuri si pone una grave questione: se ciò che gli astri prevedono è destinato ad accadere, quali sono i margini di libertà che rimangono all’uomo? Di fronte all’impossibilità di risolvere definitivamente questa difficoltà, l’autore indica una soluzione estremamente audace dal punto di vista teologico, proponendo di leggere le configurazioni astrali come segni del piano provvidenziale di Dio: “forse, se uno la guarda più da vicino, questa problematica è la stessa o almeno di genere simile a quella che riguarda la divina provvidenza; infatti nelle cose che il Signore opera mediante il cielo, il significato del cielo non è altro che la divina provvidenza.” E dunque il problema viene riportato a quello, non certo più facile ma sicuramente più ortodosso, del rapporto fra libertà umana e provvidenza divina.
Una scienza in discussione. Questa soluzione non venne accolta dagli ambienti teologici più conservatori: proposizioni astrologiche vennero incluse nella condanna del 1277 e posizioni polemiche contro i sostenitori dell’astrologia continuarono ad essere elaborate fino alla fine del Medioevo: Nicola Oresme elaborò un’articolata confutazione dell’astrologia nel suo Contra judiciarios astronomos (Contro gli astrologi); contro la fede negli astri si scagliò anche Thomas Bradwardine, e ancora alla fine del Medioevo il dibattito era estremamente acceso. Ciò non impedì tuttavia il fiorire di una tradizione di astrologi colti, da Michele Scoto agli inizi del Duecento, astrologo alla corte di Federico II e autore di un Liber Introductorius, a Cecco d’Ascoli (1269-1327), che espose l’astrologia in italiano ne L’Acerba, e Pietro d’Abano (1257-1315), che ne esaminò gli aspetti più tecnici nell’Elucidator dubitabilium astronomiae e ne analizzò il rapporto con la medicina nel Conciliator. Come gli altri saperi operativi (medicina, alchimia, magia), l’astrologia aveva avuto successo negli ambienti di corte ma, a differenza dell’alchimia e della magia, ottenne (come la medicina anche se ad oltre un secolo di distanza) di essere insegnata nelle università dalla metà del Trecento; e nel 1414 il cardinale Pietro d’Ailly offrì una complessa analisi dei problemi sollevati dall’astrologia nel quadro della teologia scolastica (Vigintiloquium de concordantia astronomicae veritatis cum theologia). Ben diversa nella sua impostazione di fondo, ma in molti tratti debitrice di questi dibattiti, sarebbe stata, ormai in età umanistica, la discussione di Giovanni Pico della Mirandola nelle sue Disputationes adversus astrologiam divinatricem (1484). (MP)

sabato 20 febbraio 2010

conferenza ISMENA




L’IS.ME.NA. Istituto di Medicina Naturale, di Lecce, presenta il 24 febbraio 2010, presso Ex Convitto Palmieri di Lecce, dalle ore 18,00 alle ore 20,00 un Seminario informativo che ha come obiettivo la divulgazione delle materie non convenzionali. I temi trattati saranno : Omeopatia, Floriterapia, Riflessologia Plantare, Medicina Vibrazionale, Aromaterapia Tradizionale ed Alchemica, e tutto ciò che riguarda il corredo della Medicina Naturale

Relatore/ci :
Dott. Armando Rotondo – Ginecologo e Ostetrico – Presidente IS.ME.NA
Siria Costantini - Naturopata
Rosanna Toraldo Naturopata



Il seminario sarà aperto a tutti, neofiti, ed esperti del settore erboristico, farmaceutico, ecc.
Si vuole perciò invitare, in forma gratuita, tutti coloro che a Lecce e nella sua provincia ne sono interessati.

segno dei pesci





CARATTERISTICHE DEL SEGNOPESCI
Oroscopo Pesci Giove e Nettuno sono i pianeti dominanti, l'elemento è l'acqua, la qualità è mutevole. Il Sole transita nei Pesci approssimativamente dal 20 Febbraio al 19 Marzo .Colore da portare: verde mare o tuchese.Pietra portafuna: L' Acquamarina. Metallo: lo stagno. Giorno favorevole: il Giovedì. Ascendente: Calcola Ascendente
Caratteristiche analitiche
Il simbolo del segno è formato da due pesci ognuno dei quali nuota in direzione opposta. Ciò significa che ai Pesci manca la capacità di stabilire e fissare una direzione. Sono emotivi e sensibili e possono essere influenzati sia in modo positivo che non. Poiché sono molto comprensivi e credono nella bontà del prossimo, spesso riescono ad essere pratici e realisti.
Dato che tendono ad autodistruggersi, sono vulnerabili e mancano di meccanismi di autodifesa. Sono inoltre riservati, non è possibile conoscerli intimamente e di rado conoscono se stessi. Il carattere dei nati sotto il segno dei Pesci è abbastanza contraddittorio e spesso addirittura incomprensibile per chi non abbia la stessa mentalità. L'individuo è mutevole, dotato di notevole plasticità psichica. Questo segno presenta individui molto sensibili allo slancio ed al sacrificio, che hanno in sé un grande desiderio di aiutare gli altri ed anche individui che cedono ad un'eccessiva dose di fatalismo e di pigrizia, all'amore per la vita facile.I Pesci amano i viaggi ed i cambiamenti, ma quando si muovono, cercano sempre di sprecare meno energia possibile. Talvolta sono anche abilissimi a volgere le cose a loro favore, per trarsi d'impaccio riescono persino a cambiare strada all'improvviso ed a sparire come un pesce vero e proprio.

Caratteristiche sessuali
L' Uomo Pesci Niente è semplice con gli uomini nati sotto questo segno, infatti la loro natura doppia li rende sfuggenti e difficili.
La donna ideale per l'uomo Pesci è fantasiosa, femminile e senza paura di prendere l'iniziativa al momento giusto: nel sesso dovrà infatti anche sapere condurre il gioco!
Come conquistarlo: Se volete impressionarlo vestitevi in modo molto femminile e sensuale. Per completare l'opera di seduzione, un filo di trucco.
Partner ideale: Ariete
Le donne Pesci incantano gli uomini e flirtano con loro, hanno spesso abiti sexy che sanno sfoggiare abilmente. Hanno un talento per intuire e soddisfare il proprio partner.
L'uomo ideale per la donna Pesci è un abile maestro del sesso, fantasioso e virile, capace di farle passare notti infuocate ed interminabili.
Come conquistarla: intrigandola con dolcezza e fantasia, per poi mostrare tutta la propria virilità nel rapporto sessuale!
Partner ideale: Cancro